Recensione di “Things Take Time, Take Time” di Courtney Barnett
Scritto da on 21 Dicembre 2021
C’è un momento per tutto nella vita. Un momento per ridere, un altro per essere tristi, un momento per stare spensierati, un altro ancora per assumersi delle responsabilità.
Ma soprattutto, c’è una fase imprescindibile, più che un momento. Quella di prendersi cura di sè stessi, dedicare del tempo all’introspezione e a fermarsi a riflettere.
Questo è il vero leit-motiv dell’ultimo lavoro della cantautrice australiana, che non ha affatto bisogno di presentazioni.
Ma, per chi non la conoscesse, è giusto spendere qualche riga raccontando di uno dei più cristallini talenti dello scenario musicale.
Courtney Barnett è una cantautrice australiana, abile a districarsi nelle più varie sfumature della musica rock. Dal soft-rock dei Velvet Underground al grunge di Kurt Cobain, il tutto condito dal suo unico e inimitabile stile indie, la Barnett è salita alla ribalta delle cronache sin dal 2015.
Infatti, il suo album di debutto, “Sometimes I Sit and Think, Sometimes I Just Sit”, è stato premiato come miglior album in assoluto di quell’indimenticabile annata.
Riviste particolarmente influenti come Mojo, Rolling Stone, NME e Guardian hanno censito l’album col massimo dei voti e con critiche ampiamente positive, definendolo come uno dei debutti più sfavillanti del panorama musicale che si ricordi. Una vera chicca, che ogni appassionato di musica dovrebbe conservare nella sua collezione.
Nel 2017 Courtney realizza, in collaborazione con Kurt Vile (il frontman dei War on Drugs), un album in studio dal titolo Lotta Sea Lice, molto apprezzato dalla critica australiana.
L’anno seguente la Barnett si supera ancora, incidendo il suo secondo album personale dal titolo “Tell Me How You Really Feel”.
Con quest’ultimo riscuote il definitivo successo internazionale che la porta in tour in tutto il globo.
E adesso, a tre anni di distanza, la Barnett ritorna col suo terzo album, dal titolo non meno emblematico degli altri: “Things Take Time, Take Time”.
L’album, la cui cover dipinta di blu è realizzata anch’essa dall’artista, è composto da 10 tracce e circa 34 minuti di ascolto.
Rispetto ai predecessori, questo lavoro è frutto di un maggiore relax e una tranquillità interiore, di pause di riflessioni e di pensieri quotidiani.
L’opera si inquadra quindi perfettamente con lo stato d’anima dell’artista.
Courtney infatti esce stordita da una lunga e duratura relazione con Jen Cloher, cantante australiana con 14 anni in più della Barnett.
A ciò si aggiunge inoltre la terribile esperienza degli incendi in Australia, che ha causato paura e sgomento in tutto il paese.
Per finire, l’atmosfera tetra e buia della pandemia, le gravi ripercussioni e l’ingente portata di asfissia psicologica derivante dal Covid.
Tutte queste variabili permeano la fine mente della Barnett, e di conseguenza l’intero album.
Si parte con “Rae Street”, dal titolo dell’omonima strada dove Courtney ha vissuto in pieno lockdown. Una traccia sensibile, sincera e profonda, che descrive ciò che si poteva vedere dalla finestra della sua casa in piena pandemia, dai gesti più semplici alle azioni più profonde. Già rilasciata come singolo, uno dei pezzi migliori dell’album.
Segue “Sunfair Showdown”, una canzone criminalmente sottovalutata, in cui le percussioni e il sintetizzatore di Stella Mogzawa ne escono a grandi livelli.
“Here’s The Thing” ci culla dolcemente, scorrendo velocemente ed evidenziando la nuova strada spensierata che Courtney cerca di percorrere.
Quindi “Before You Gotta Go”, anch’esso singolo estratto precedentemente. Assume quasi i contorni di un cantilena con tinte blues, in maniera molto efficace.
“Turning Green” è forse il simbolo di come Courtney riesce a trasformare la noia in spinta positiva, parlando della bellezza del cambio delle stagioni.
C’è poi “Take It By Day”, dal titolo emblematico, che spinge lontano le ansie e le paure per cullarci nelle piccole gioie quotidiane.
Segue la mia canzone preferita dell’album, “If I Don’t Hear From You Tonight”, una vera e propria poesia pop in pieno stile Barnett.
“Write a List of Things To Look Forward to”, altro singolo estratto e davvero riuscito. Tanto da essere presente nella top2021 di un certo Barack Obama. La canzone parla delle emozioni e del piacere nel preparare una lista di cose belle da fare, quando questo brutto periodo sarà finito.
“Splendour” sembra una dedica a sè stessa, su cosa la cantante ha affrontato recentemente e sulla nostalgia di periodi gioiosi che sembrano così lontani.
La canzone di chiusura è “Oh The Night”, una ballata che ci accompagna verso nuovi orizzonti e nuove frontiere musicali per la Barnett.
Simbolo di un album che rappresenta un lavoro tanto solido quanto eclettico nello sfociare in un rock variopinto, sfumato e in continua evoluzione.
D’altronde, le cose impiegano tempo, ma prima o poi ne vale la pena!