La fattoria dell’animale, Antonucci&Fabbri e i nostri giorni
Scritto da on 20 Marzo 2020
La fattoria dell’animale, il nuovo lavoro del duo Antonucci&Fabbri. La nostra recensione del volume edito Feltrinelli Comics
Il 17 agosto del 1945 George Orwell pubblica La fattoria degli animali.
Attraverso questa novella allegorica, l’autore narra le vicende che hanno portato alla nascita dell’Unione Sovietica e al successivo sviluppo dell’era stalinista.
Riprendendo quanto scritto in quelli anni, il duo Antonucci&Fabbri (Stefano Antonucci e Daniele Fabbri) – accompagnati da Maurizio Boscarol ai disegni – hanno ideato un nuovo eccezionale progetto che guarda ai giorni nostri.
La fattoria dell’animale, infatti, riprende in tutto e per tutto lo schema creato in passato ma lo adattatotalmente a quelli che sono gli anni in cui vivono (e viviamo).
La storia parte della rivolta di una fattoria, guidata dal maiale Senatore, che mette in fuga il corrotto fattore Ross.
Dopo un periodo di apparente tranquillità, però, Senatore muore (o meglio viene ucciso) venendo sostituito dal suo braccio destro, Capitano.
Con Capitano le cose precipitano e le colpe vengono di volte in volta addossate a personaggi scomodi o semplicemente diversi del posto.
Il nuovo lavoro del duo, celebre per V for Vangelo e Qvando c’era LVI, è semplicemente un ottimo disegno di ciò che ci accade attorno.
La propaganda, il leaderismo dispotico e la cecità verso i fatti reali sono praticamente alla base di questa società che genera costantemente mostri.
Il punto cruciale de La fattoria dell’animale è dato dal binomio sceneggiature – disegni.
Attraverso un racconto totalmente distaccato dalla verità, difatti, il volume tende ad evidenziare le storture del mondo attuale.
Il narratore, braccio destro di Capitano, non solo racconta una realtà altra – nonostante l’evidenza dettata dalle tavole – ma la spaccia anche come la migliore possibile.
L’assenza di dialoghi, inoltre, rende ancor più limpida la vita di quel posto al punto da far rispecchiare definitivamente il lettore in ciò che legge.
Questo fondamentale dato si ricollega ad un ulteriore fattore.
I personaggi.
Al pari di Orwell, anche i due autori caratterizzano alla perfezione gli animali di questa moderna fattoria.
In particolar modo è possibile individuare ben cinque personaggi base:
Capitano e i maiali: simbolo dell’arrivismo e della costante propaganda che mira solo ed esclusivamente ad accrescere il proprio potere
Gli animali: il popolo credulone e pronto a tutto per assecondare le idee del capo e cercare a tutti i costi un nemico da combattere
I lupi: servitori ideologicamente schierati che si spacciano per portatori dell’ordine (il loro)
Il fattore: il corrotto
L’asino: colui che cerca invano di far comprendere la realtà delle cose
Chiaramente, soprattutto rivedendo i protagonisti, i parallelismi con l’Italia degli anni duemila si sprecano.
Ma è proprio con questo espediente che gli autori, in un certo senso, cercano di mettere in guardia la nostra Penisola.
Lanciando un monito verso i leader dall’idea facile e dal pragmatismo inesistente.
Dalla voglia matta di trovare un colpevole ad ogni costo.
E dall’insano desiderio di ergersi a puri di fronte ad una realtà retta esclusivamente dalla diversità.
“Quella che state per leggere è una fiaba moderna, aspra, cruda come lo erano in origine le fiabe, ma è anche una fiaba bugiarda e doppogiochista come chi manipola le cronache dei nostri tempi
Siamo abbastanza certi che vi piacerà, ma non siamo altrettanto certi che quel piacere vi piacerà”
(Daniele Fabbri e Stefano Antonucci, La fattoria dell’animale)
articolo pubblicato originariamente su: diariodirorschach.com