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Ulay: l’eterna spalla di Marina Abramovic

Scritto da on 24 Marzo 2020

L’artista tedesco Frank Uwe Laysiepen, conosciuto semplicemente con il suo nome d’arte Ulay, è morto nella sua casa di Lubiana all’età di 76 anni. Nato nel 1943 a Solingen, la sua ricerca artistica si muove su due assi paralleli: la fotografia e la performance. Insieme a Marina Abramovic scrive la storia della performance art, disciplina avanguardistica degli anni Settanta. Il loro sodalizio umano e professionale è stato il più seguito dal pubblico dell’arte contemporanea, una storia d’amore che è essa stessa una forma d’arte. Marina ha commentato la notizia in questo modo: ”E’ con grande tristezza che apprendo oggi della scomparsa del mio amico e precedente partner Ulay. Era un magnifico artista e essere umano e mancherà moltissimo. Oggi è di gran conforto sapere che la sua arte e la sua eredità vivranno per sempre.”

Figlio di un gerarca nazista, come molti suoi coetanei cresce con il senso di colpa per i padri nazisti, tanto da arrivare alla rinuncia del nome e della nazionalità tedesca. A circa trent’anni, con già una moglie e un figlio, decide di abbandonare tutto per dedicarsi all’arte: si trasferisce ad Amsterdam dove inizia a frequentare l’ambiente controculturale olandese. Si interessa alla fotografia analogica attraverso la quale indaga i concetti di corpo e identità.

Marina arriva dopo, molto dopo. Il 30 novembre 1976 i due si incontrano alla Galleria de Appel di Amsterdam: l’artista tedesco porta i lunghi capelli tirati all’indietro e fermati da bastoncini dello shanghai, proprio come Marina, che nota immediatamente la coincidenza. Tra i due nasce subito un’intesa che andrà avanti per 12 anni, un rapporto simbiotico e totalizzante. Si fanno chiamare The Other e viaggiano a bordo di un furgone adibito a camper per tutta l’Europa, condividendo per cinque anni spazi, lavoro e amore. Un’esperienza che definiscono entrambi il periodo più bello della loro vita. Vivono di poco, senza riscaldamento, senza acqua corrente, mangiando quello che gli viene offerto, e ogni tanto ricavano denaro dalle loro esibizioni o dalle polaroid di Ulay. Realizzano insieme una serie di performance dal titolo Relation Works, azioni performative crude e spesso violente, volte a esplorare i limiti fisici e psichici dell’essere umano.

Le prime performance che concepiscono insieme sono fisicamente estreme: in AAA-AAA siedono uno di fronte all’altro urlandosi sulla faccia a vicenda, fino allo sfinimento. Altra performance estrema è Death Itself, ovvero i due uniscono le labbra e respirano l’aria espulsa dall’altro fino a terminare l’ossigeno a disposizione. Cadono a terra privi di sensi dopo solo 17 minuti.

Nel 1977 scandalizzano la Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna realizzando un’azione destinata a diventare tra le più celebri e controverse mai realizzate, Imponderabilia. Nel libro Marina Abramovic. The Artist is present, l’esibizione è descritta in questi termini: “Siamo in piedi, nudi, sull’ingresso principale del Museo, uno di fronte all’altro. Il pubblico che entra nel Museo deve oltrepassare, mettendosi di traverso, il piccolo spazio tra di noi. E ogni persona che passa deve scegliere chi di noi due affrontare.” Il visitatore è posto di fronte a un dilemma: verso quale corpo volgersi? La performance avrebbe dovuto durare tre ore, ma viene interrotta dalla polizia perché ritenuta oscena. Siamo negli anni ’70 e l’essere nudi crea imbarazzo, è un oltraggio al pudore, uno scandalo per la morale cattolica.

Sempre a Bologna la performance intitolata Relation in time. Per sedici ore rimangono chiusi in una stanza da soli, seduti, immobili e legati per i capelli. Dopo diciassette ore è concesso ai visitatori di entrare e vedere come il passare del tempo ha influito sul loro legame: i capelli sfuggono da tutte le parti, il nodo è allentato.

In Rest Energy, 1980, l’artista impugna un arco che però le serve da sostegno: non è lei a tenderlo, ma Ulay, che controlla la freccia appuntita puntata verso il suo cuore. E’ la rappresentazione degli estremi livelli di fiducia e vulnerabilità che caratterizzano qualunque relazione significativa.

Nel 1988 decidono di lasciarsi a modo loro: una decisione sofferta e privata viene ancora una volta trasformata in un atto artistico e raggiunge una conclusione epica con The Lovers, un’opera di grandi dimensioni liriche. Si tratta una camminata di 2500 km lungo la Muraglia Cinese partendo dai due estremi opposti per poi incontrarsi a metà strada. Novanta giorni di cammino, un viaggio documentato in un film prodotto dalla BBC, dal titolo The Great Wall. Lovers at the Brink. Durante il viaggio Ulay si innamora di un’interprete cinese mettendola incinta. Un finale inaspettato in cui lui chiede a Marina: “Che cosa devo fare adesso?” “Non lo so, ma io me ne vado”, rispose lei. Marina in seguito ha raccontato di come Ulay fosse diventato cattivo e la tradisse, probabilmente invidioso del suo successo, mentre lui l’accusa di non aver voluto figli perché le avrebbero tolto spazio al lavoro.

Seguono anni di ostilità e battaglie in tribunale per un contenzioso sulla paternità di alcune opere e sui relativi compensi. Nel frattempo la carriera di lei continua sempre più fulgida, scala i gradini della celebrità, diventa una icona dell’art business. Ulay invece rimane per sua scelta in un cono d’ombra: torna alla fotografia e continua con le azioni performative, ma resta ai margini del mercato.

Nel 2010 si torna a parlare di loro: è virale il video di una loro reunion al MOMA di New York. Abramovic è impegnata nella performance The Artist is Present, in cui immobile come una sfinge e seduta davanti a un tavolo, aspetta i visitatori che si accomodano di fronte a lei. Ha gli occhi chiusi e quando li riapre c’è lui, Ulay: si scioglie in lacrime, si prendono le mani.

L’impatto è forte per entrambi, ma nel 2015 Ulay denuncia Marina per violazione dei diritti d’autore, e l’artista serba si ritrova a versare all’ex compagno un risarcimento pari a 250 mila dollari. La malattia che gli viene diagnosticata nel 2009 diventa punto di partenza per il suo ultimo lavoro, intitolato Project Cancer: per un anno intero viene seguito dalle telecamere durante i suoi numerosi viaggi. Identificato da critica e pubblico come “storico compagno o ex compagno” di Marina Abramovic, Ulay è molto di più, sia a livello artistico che umano, uno spirito libero e provocatore che si è confermato per quarant’anni come una delle figure più importanti dell’arte internazionale.

AAA-AAA , 1978

 

Death Itself, 1977

 

Imponderabilia, 1977

 

Relation in time, 1977

 

The Lovers, 1988

 

The Artist is Present, 2010


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