Zerocalcare, Strappare lungo i bordi – Recensione –
Scritto da on 23 Dicembre 2021
Questa volta è stato il tanto celebrato Zerocalcare ad attirare la mia trentunenne attenzione. Strappare Lungo i Bordi, firmata dal fumettista di Rebibbia, è la prima serie animata italiana prodotta da Netflix. Un racconto distribuito in sei puntate dalla durata di venti minuti circa: la iniziate e siete alla fine senza accorgervene. Se le serie italiane del catalogo del gigante dello streaming sono notoriamente scadenti, scritte male e recitate anche peggio, per la prima volta ci troviamo davanti a una serie ben riuscita.
TRAMA
Niente mafia, niente violenza, solo il personaggio di Zero, un mix tra pessimismo cosmico, nichilismo, cultura pop e satira. Attraverso continui flashback e sketch, vediamo crescere l’adolescente Zero, un ragazzo romano appartenente alla generazione Y accompagnato dalla sua coscienza che prende la forma di un armadillo.
Il contesto è quello della borgata romana e dei quartieri di periferia, e il dialetto romano è necessario per costruire un certo tipo di atmosfera. Il manifesto di una generazione, il disagio esistenziale di noi trentenni, arrivando ad affrontare il tema delicatissimo dei suicidi giovanili.
La serie alza l’asticella nella sesta e ultima puntata trattando il tema del suicidio e i dilemmi che esplodono tra nelle persone che restano. Zerocalcare racconta l’esperienza di chi ha vissuto il suicidio di una persona cara in maniera molto onesta. La morte di Alice prima e poi la scoperta del suo suicidio piombano come un fulmine all’improvviso.
Personalmente il colpo di scena finale è stato un pugno nello stomaco. Alice non è descritta come una persona sempre triste e sempre ad un passo dalla depressione. Alice ha vissuto dignitosamente, è stata una persona felice ed entusiasta, ha fatto il suo percorso. Non è una vittima, la sua vita non si riduce a questo suo ultimo gesto.
La forza di Zero è un linguaggio pop, malinconico con citazioni che fanno di lui un prodotto perfetto per i trentenni come me. Il ritmo sostenuto ed incalzante non annoia mai, anzi, in alcuni momenti è fin troppo frenetico. Ma in alcuni frangenti rallenta per dare spazio a considerazioni profonde e quasi filosofeggianti.
IN CONCLUSIONE
Se tutti parlano di questa serie è proprio perché Zerocalcare ha toccato un nervo scoperto, un dolore che proviamo in tanti, in troppi. Strappare lungo i bordi è godibile da tutti, ma per lo più parla al cuore di una generazione, i millennials. Il focus è quell’inadeguatezza di chi non ha trovato il suo posto nel mondo, che ti fa sentire sempre un passo indietro agli altri, come se gli altri avessero afferrato qualcosa di importante prima di te. Uno specchio di ciò che siamo, perché in fondo siamo tutti un po’ Zerocalcare.